A chiudere il cerchio del buco nero dell’istruzione italiana ci sono poi i dati preoccupanti della “disaffezione” allo studio dove, malgrado una certa tendenza al ribasso del tasso di abbandono scolastico negli ultimi 10 anni, rispetto al 19% del 2009 l’attuale percentuale di giovani – in età compresa tra i 18 e i 24 anni – che non proseguono gli studi si attesta al 13,5%, sia pure restando ancora al disopra della media Ue del 10,2%. Purtuttavia, se la dispersione scolastica negli ultimi anni è in calo, la distribuzione territoriale di quanti abbandonano precocemente l’istruzione registra una realtà a due velocità e con un divario tuttora lontano dall’essere colmato. Nel panorama italiano, infatti, il contesto socio- economico influisce in misura rilevante sulla “povertà scolastica” degli studenti, influenzandone le aspettative e le scelte di carriera. E se l’allontanamento dal sistema scolastico è più marcato nelle aree meridionali nel Paese, dove gli studenti provenienti da contesti economici svantaggiati risultano oggettivamente più vulnerabili, altrettanto non può dirsi per le aree geografiche con tessuti economici più ricchi. I tassi di abbandono variano in misura considerevole, passando dal 16,7% nel Sud al 9,6% nell’area del Nord-Est. Ancora una volta, quindi, la condizione socio-economica della famiglia di origine influenza l’abbandono scolastico. Chi lascia gli studi viene soprattutto da genitori che hanno al massimo la licenza media o esercitano una professione non qualificata o non lavorano affatto.
E le conseguenze si vedono anche nel basso numero di laureati che escono dalle nostre università. L’Italia è infatti penultima nell’Unione Europea per numero di laureati: il 20,1% della popolazione tra i 25 e i 64 anni, rispetto al 32,8% della media europea. Questo perché quando un sistema universitario, come il nostro, è costretto a finanziarsi attraverso una delle tassazioni più alte d’Europa ed è spesso privo di adeguate borse di studio o di alloggi per gli studenti, finisce inevitabilmente per trasformarsi in un sistema elitario dove fin troppo spesso si laurea chi proviene da un liceo o da famiglie con genitori a loro volta laureati o comunque benestanti. Una situazione che si pone in aperto contrasto con la Dichiarazione Universale dei diritti umani delle Nazioni Unite, che all’articolo 26 sancisce:
“l’istruzione superiore deve essere egualmente
accessibile a tutti sulla base del merito“.